A che cosa serve un indirizzo? I risvolti dell’odonomastica, la disciplina della geografia che si occupa della toponomastica delle strade e delle piazze del nostro Paese. E che a Roma ha portato a battezzare viale della Geografia l’asse che si diparte dal piazzale antistante la sede della Società Geografica Italiana
di Franco Salvatori*
A che cosa serve un indirizzo? A trovare la strada, verrebbe da dire. O meglio, a fare in modo che la corrispondenza arrivi e le persone siano “ufficialmente” reperibili al loro domicilio. Ma chi assegna gli indirizzi, ovvero chi si occupa dell’odonomastica, cioè la toponomastica delle strade (dal greco odós, via)? Il centro di potere più prossimo a livello territoriale, dunque nel caso delle piazze e delle strade italiane, la Commissione toponomastica dei vari Comuni. Un compito non facile e non privo di implicazioni simboliche: un luogo è tale in ragione della valenza simbolica e dei significati condivisi dalle comunità che vi si riconoscono.
E i nomi scelti fanno parte di questo processo. Rappresentano la nostra eredità culturale, quel che decidiamo di tenere o di buttare del passato, quel che pensiamo abbia valore del presente. Appare dunque chiaro come la cura del territorio come bene comune passa quindi anche attraverso il riconoscimento di questo valore inscritto nei luoghi. Un riconoscimento che – oltre alla rilettura critica di quanto fatto in passato, per esempio rispetto agli odonimi di epoca coloniale – si esplica anche in un’azione attiva di costruzione di nuovi itinerari di memoria semantica accanto a quelli già esistenti. Perché il processo di “battesimo” di vie e piazze è un processo continuo. E la riserva di nomi per viali e larghi non si trova solo nella storia ma anche nella geografia, con il profluvio di indirizzi legati a città e Paesi, e adesso anche alla disciplina geografica.
A Roma vi è un luogo che, più di altri, è legato alla Geografia e a ciò che il sapere geografico è in grado di evocare: l’altrove, il viaggio, l’esplorazione, la rappresentazione della Terra, l’interpretazione di come la superficie terrestre sia stata modificata e si modifica per l’azione dell’Uomo e per quella della Natura. Questo luogo è Villa Celimontana, una delle ville storiche incastonate nel tessuto urbano romano, fatta costruire nel XVI secolo sul colle Celio dal cardinale Ciriaco Mattei, membro della principesca famiglia originaria di Recanati. È qui che, ormai da un secolo, alla metà degli anni Venti del Novecento trovò prestigiosa sede la Società Geografica Italiana, la più antica istituzione culturale geografica nazionale, fondata a Firenze quando questa era capitale (nel 1867) e stabilitasi definitivamente a Roma subito dopo Porta Pia. È qui che generazioni di geografi e di cultori del sapere geografico italiani e stranieri sono salite per frequentare il ricco e prezioso patrimonio documentario o per seguire le numerose manifestazioni scientifiche e culturali e che hanno identificato il luogo con la Geografia e connotato il luogo stesso in senso toponomastico.
Ed è qui che la Geografia ha giustamente trovato la sua strada. Già in occasione del Congresso Geografico Italiano che si celebrò a Roma nel 2000 il piazzale che si apre dinanzi al palazzo che la ospita fu intitolato alla Società Geografica Italiana. A distanza di venti anni, dall’11 dicembre scorso, sempre per delibera della Giunta capitolina, il viale che si diparte dal suddetto piazzale è stato intitolato alla Geografia. Il sapere geografico, come altre scienze, ha trovato così un eloquente riconoscimento anche nella toponomastica romana, nel luogo che è sembrato il più evocativo in assoluto. Nella stessa occasione si sono inaugurate anche le targhe di due viali dedicati a illustri capiscuola della ricerca geografica: Piero Gribaudi e Adalberto Vallega. Perché non c’è Geografia senza geografi e geografe
*Franco Salvatori è professore emerito di Geografia all’Università di Tor Vergata, membro della Commissione toponomastica Roma Capitale
Tratto da Touring Magazine di Febbraio 2021